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domenica 30 giugno 2013

L'amore vissuto da un uomo




L'amore è il sentimento più bello e brutto che possa esistere.
E' in grado di farti sentire un Dio ma è anche in grado di sotterrarti abbastanza in basso da farti mancare il respiro, ma non a sufficienza da ucciderti.
Solitamente viene attribuita maggiore sensibilità alle ragazze e troppo spesso ciò le fa passare per le martiri della coppia.
Le povere vittime di ragazzi stronzi, che illudono usando parole studiate così da rimediare una scopata estiva e tanti saluti.
Le povere vittime di ragazzi che cercano solo una cosa.
Le povere vittime di ragazzi che amano a periodi e che hanno altre quattro ragazze in segreto.
Io direi che, per quanto situazioni del genere possano esistere, non sono maggiori a nessuna scenetta opposta.
Ragazze che massacrano ragazzi innamorati.
Ragazze che si sentono padrone del mondo e chiedendo sempre di più, facendo sentire Lui non all'altezza.
Ragazze che perdono la cognizione di ciò che è giusto e ciò che non lo è, ed imbracciando l'egoismo corrono contro poveri fidanzati combattuti tra il cedere e il resistere per orgoglio.
I maschi sanno amare esattamente come le femmine. Non vi sono differenze di sensibilità dovute al sesso.
La cosa che può far più male a un boy, è quando viene dato per scontato.
In una relazione la paura più grande è sempre quella di perdere il compagno/a: una delle più grandi gratificazioni riguarda appunto i gesti che garantiscono la permanenza del rapporto.
Se un Lui dimostra a una Lei che ha intenzione di rimanerle accanto, la Lei va al settimo cielo.
Il problema? E' la sicurezza che ne può derivare.
Dimostrate a una ragazza che non andrete mai via e, se siete sfortunati, lei se ne approfitterà.
Esser dati per scontati da una sensazione di profonda infelicità, rabbia e irrequietezza e può portare a due cose: la fine del rapporto o un calo profondo d'autostima e auto efficacia.
Si litiga ma indipendentemente dalla ragione o torto, sarà quello dato per scontato a dover cercare l'altra metà che beata nel suo letto di orgoglio attenderà tranquillamente la chiamata.
E' difficile uscirne ma non tanto per la vittima di turno, quanto per la "carnefice": non smetterà mai di marciare sopra la convinzione di non perdere l'altro a meno che non lo perda davvero.
Il pregiudizio che colpisce i maschi accusandoli di non saper amare è completamente infondato.
Ci sono ragazzi stronzi, ipocriti e approfittatori esattamente come ci sono ragazze egoiste, opportuniste e viziate.
La differenza è che tra le ragazze c'è più coesione nel puntare il dito, mentre tra maschi c'è più menefreghismo e meno propensione nel capire una delusione d'amore di un amico in lacrime.
Diciamo che viene reputata una cosa imbarazzante il piangere in presenza di amici maschi.
Tutto dovuto alla pretesa di sembrare forti e indistruttibili.
Donne: i vostri uomini non sono stupidi come ogni tanto sembrano o credete, hanno sentimenti e speranze. Trattateli da Re, rispettateli, fateli sorridere. Loro hanno bisogno anche di questo.
Uomini: le vostre donne sono preziose. Amatele come meritano e ascoltatele quando ne han bisogno. A volte è difficile per loro chiedere aiuto, ma i gesti più belli son quelli fatti senza richiesta da parte di nessuno.
Detto questo andate in pace miei lettori, io vado a pisciare

sabato 29 giugno 2013

La sQuola: ritrovo di idioti



Chi pensa che la scuola sia luogo di crescita esclusivamente culturale, può anche chiudere questo post.
Sono sempre stato uno studente mediocre, con voti medio-bassi e una voglia di studiare paragonabile alla voglia di andare a pisciare quando sei a letto.
Sono sempre stato uno studente con idee mie che troppo spesso mi han portato a conflitti pesanti con compagni e professori, cosa che dal mio punto di vista, è ridicola.
A me piacerebbe stringere la mano su cui ho sputato a chi ha deciso che il docente è un essere superiore cui portare rispetto incondizionatamente, che possiede il ridicolo diritto di giudicarmi.
Un professore a rigor di logica dovrebbe rappresentare un punto di riferimento cui rivolgersi per chiarimenti inerenti alla materia, cui ispirarsi in varie situazioni ma soprattutto: su cui poter contare riguardo qualunque cosa all'interno della classe.
L'insegnante dovrebbe insegnare. Non impartire.
Vedo docenti pagati, che entrano in classe perennemente in ritardo senza scusarsi con gli alunni PAGANTI.
Vedo docenti che beffeggiano alunni meno bravi o motivati in qualcosa, godendo delle risate che si diffondono nel resto della classe.
Vedo docenti che inculcano le loro idee politiche, morali e strutturali in teste adolescenti che tutto vogliono, tranne che lavaggi del cervello.
Vedo docenti che umiliano ragazzi, che aiutano le classi a escludere persone, che non trattano gli alunni da persone.
Una classe dovrebbe essere un gruppo di persone che spinte dal medesimo obiettivo, lottano in collettivo per ottenerlo. Nessuno vuole perdere l'anno, nessuno vuole debiti formativi, nessuno vuole saltare una gita scolastica o un uscita occasionale al parco.
Ciò che però si può notare, è esattamente l'opposto di ciò che dovrebbe essere: classi disgregate in gruppi minimali capeggiati dal gallo o gallina di turno. Venti, venticinque persone in una stanza che si giudicano, attaccano e umiliano a vicenda, senza motivo.
Ma la scuola cos'è realmente?
Sono dell'idea che questa struttura dovrebbe rappresentare un luogo di crescita SOCIALE oltre che culturale.
Gli alunni dovrebbero imparare a rispettarsi a vicenda, aiutarsi, volersi bene così da costruire un gruppo. Ecco cosa manca, il gruppo.
Un professore come punto d'appoggio e riferimento, su cui poter contare in ogni situazione. Valutazioni che non servono a giudicare ma a spronare così da indurre miglioramenti su ogni genere di alunno in ogni materia.
Non siamo tutti geni, a nessuno piace passare un pomeriggio di sole in casa davanti ad un libro che di buono ha solo l'odore.
Io personalmente sono una frana nelle materie umanistiche, ma datemi un foglio e vi disegno qualcosa di unico. Se, aiutati dal professore che grazie alla sua maturità ovviamente (in teoria) più elevata della nostra, imparassimo a condividere le nostre "doti", potremmo davvero arrivare a risultati nuovi.
Te aiuti me, io aiuto te. Entrambi aiutiamo un altro, lui aiuta noi. Ecco la classe, ecco la scuola, ecco il rispetto che serve, ecco l'unione ed ecco il professore che fa il suo lavoro.
Ci insegna a stare al mondo. Ci insegna a sbagliare. Ci insegna ad insegnare e ad imparare e, cosa più importante, insegna altrettante cose a se stesso.
Solo perché ha 50 anni non vuol dire che sappia tutto o che non possa imparare niente da un ragazzo/a, solo perché ne ha viste di più, non vuol dire che abbia visto le stesse cose.
Svegliatevi cazzo.
Alle assemblee si fa solo casino, alle occupazioni si rimane a casa, nelle gite c'è sempre il più "fortunato" che rimane senza compagni di stanza visto che nessuno lo vuole.
Ero uno di quelli, ma mi vergogno dei miei ex compagni, non di me.

Tornerò da Re

Online Link Party - Preparatevi al peggio

Questo post serve solo a presentare l'iniziativa cui sto tentando di partecipare.
Onestamente ancora non so manco cosa devo scrivere, ma i post precedenti hanno lo stesso malato criterio quindi non mi interessa e vado avanti.
Online Link Party è un iniziativa atta ad espandere la popolarità di un blog new entry quale il mio, non chiedetemi come perché ancora devo saperlo.
Me lo spiegherà a breve la mia ragazza. (E' quella acida di qualche post fa, dopo quell'episodio dell'autobus si scusò).
Per chi volesse partecipare a questa iniziativa, clicchi qua Online Link Party, occhio che scade oggi.
Baci baci, Gossip Girl!
Direi di no

mercoledì 26 giugno 2013

Stereotipi, ispirato a fight-club

Non so quanti di voi han visto il film o letto il libro di Chuck Palahniuk: Fight Club.
Dal mio punto di vista è un capolavoro che purtroppo ha ricevuto poca pubblicità, il quale film è recitato alla grande da attori altrettanto bravi che si sono calati nella parte alla perfezione.
Vabè l'avrete capito che è il mio libro/film preferito no? Se così non fosse, ora lo sapete.
Il tema principale di questo libro il quale titolo tende a confondere, è che siamo tutti bambolotti che la società illude, ubriaca e riempie di speranze che andranno infrante.
Le pubblicità, le riviste, i manifesti: tutte armi di distruzione mentale.
Cresciamo convinti di poter scegliere qualcosa, di poter fare ciò che vogliamo della nostra vita, di poter arrivare ad avere ciò che vogliamo ma poi ci ritroviamo in un maledetto ufficio a fare ciò che non avremmo mai pensato di fare.
La nostra cultura e i nostri modi di vivere ci costringono a seguire sempre uno stereotipo riguardo qualunque cosa: la casualità vuole che quel modello non sia mai io stesso.
Non ci bastiamo mai, non ci va mai bene ciò che abbiamo e pretendiamo sempre qualcos'altro.
Ormai è consueta routine inseguire qualcosa che poi sarà acqua passata, è routine guardare un'Angelina Jolie o un Brad Pitt e vedere in loro la perfezione, è routine notare solo ciò che ci manca.
Sapete che vi dico? Fanculo tutto questo.
Le mode, le tendenze, le idee innovative: tutte stronzate escogitate per farci credere di poter arrivare dove abbiamo sempre sognato.
Ma se cominciassimo invece a voler arrivare dove già siamo?
Se cominciassimo a desiderare con anima e corpo, ciò che ci appartiene già?
La felicità è uno stato d'animo di completezza e tranquillità. Esattamente come il Per Sempre può durare un secondo, anche quest'emozione non ha tempo calcolabile.
Trascorrere ore ogni giorno in palestra, spendere stipendi in negozi firmati, ucciderci l'autostima cercando di plasmare il nostro atteggiamento, tutto per somigliare a un tizio dall'altra parte del pianeta che in televisione è figo.
Forse è vero che lui è più fotogenico di me, forse è vero che lui ha il fisico più scolpito del mio e forse è vero che il castano chiaro dei miei capelli non sarà mai paragonabile al biondo spettinato dei suoi.
Ma ci avete mai pensato che anche se arrivassi ad avere tutto ciò che vedo in lui, rimarrei comunque una semplice maledetta copia?
Quell'attore, cantante, scrittore o quel che volete, è una persona normalissima e come tale, rappresenta solo ed esclusivamente SE STESSO.
Se vogliamo somigliargli al meglio, dovremmo essere dunque NOI STESSI.
Come loro han cose che noi non abbiamo, noi abbiamo cose che loro non hanno né avranno mai.
Anche loro han problemi in famiglia, anche loro hanno ricevuto delusioni e ne hanno inferte, anche loro sono stati sgridati da piccoli e anche loro han pianto, riso, sudato freddo, sudato caldo o gridato di rabbia o felicità.
Sono persone come noi.
Se iniziassimo a prendere come esempio solo ciò che loro sono, e non sembrano, sarebbe più facile.
Una ragazza in carne può diventare più bella di una Jolie, un ragazzo moro può diventare più affascinante del biondo Pitt.
Difetti e pregi sono solo caratteristiche che NOI inquadriamo come tali: accettiamole, miglioriamole ed esaltiamo le parti migliori del nostro essere.
Io sono il mio stereotipo.
Sarebbe figo

lunedì 24 giugno 2013

Esperienza estrema

A tanti di voi sicuramente è capitato di imbattervi in un video del genere: http://www.youtube.com/watch?v=DZW6CpYohk4 .
Video del genere possono lasciarvi due possibili alternative:
-Vi spaventano costringendovi a chiuderli con una qualche affermazione basita.
-Vi chiedete se la vostra vita sia realmente così movimentata come credete.
Gli sport estremi sono da sempre uno dei dilemmi più grandi dell'essere umano: cosa spinge una persona a rischiare la vita per un video di qualche secondo e una semplice scarica di adrenalina?
Io personalmente faccio MMA (Arti marziali miste). E' una disciplina alquanto violenta e "estrema" sotto certi aspetti, ma ben lontana da ciò che vedete in quel video.
Però metto in gioco la mia incolumità, la mia salute e il mio orgoglio verso qualcosa che, a occhio esterno, senso non ne ha.
Ebbene ora vi parlerò di questa motivazione che spinge chi vive queste cose in prima persona, a vincere la paura e superare ogni limite. Mi baserò su varie testimonianze lette qua e la e sulla mia esperienza nel ring.
L'essere umano ha paura di qualunque cosa rompa il suo equilibrio sia psicologico che di salute fisica: il perché è ovvio. A nessuno piace provare dolore, affrontare una qualche riabilitazione e soprattutto, a nessuno piace l'idea di morire. Credo. Spero!
Partiamo dal presupposto che la paura non manca MAI. Qualunque sia la tua disciplina, il tuo sport o la tua passione, se la tua incolumità è a rischio, il timore c'è.
Solo che non è abbastanza forte da impedirti di farlo.
Mentre sono di fronte all'avversario: non ha importanza chi è più grosso, non ha importanza chi è più alto, più esperto, più veloce, più bello o chi ha più amici a fare il tifo. Perde di importanza anche chi ti è venuto a vedere.
Siete solo voi due. Non c'è nemmeno un arbitro a dividervi.
Lo scopo non è prevalere sull'altro, ma prevalere su noi stessi. Io sono contro i miei limiti, contro le mie paure, contro i miei brutti ricordi, contro chi si è preso gioco di me in passato e contro chi nel presente mi sottovaluta. Sono contro il mio stress, contro la mia natura qualunque essa sia.
Il mio avversario è il mio limite e io devo superarlo. Devo vincere, per me. Non per un titolo, non per la gloria, non per il video. Per la pace interiore.
Se perdo? Non importa. Io vinco nel momento in cui scendo in campo e metto tutto me stesso, vinco nel momento in cui do l'anima ad ogni round, vinco ogni volta in cui assesto un colpo ben fatto e vinco ancora di più quando ne prendo uno più forte ma non cado.
Il paracadutista ha una scarica di adrenalina tale, da lasciarlo poi sveglio fino a notte fonda. Il motivo è semplice: c'è chi si chiede qual'è il senso della vita, e chi semplicemente cerca di capirne il valore così da farne risplendere la fiamma.
"Quando hai paura di morire, vuol dire che hai ancora qualcosa da perdere".
In quell'istante, la vita ha un valore che in qualunque altro istante non potrebbe mai.
In quell'esatto momento, ti senti vivo come mai prima d'ora.
Ci sono vari modi per sentirsi vivo, lo so bene. Non per forza bisogna rischiare la pelle: ma quella sensazione è una cosa completamente a parte e anche ora che cerco di descriverla, mi rendo conto di quanto non sia possibile parlarne a fondo.
Rispetto tantissimo chi ha il coraggio di superare i propri limiti: qualunque essi siano.
Nel lavoro, nella famiglia, nello sport.
Buttatevi in qualunque situazione, male che vada curerete un bernoccolo che si trasformerà in risate di fronte a una birra con gli amici.
Ora mi vado a buttare dal terrazzo, no scherzo.
Alla prossima



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sabato 22 giugno 2013

Il Buio è indice di verità

In uno dei precedenti post (Io sono la mia Maschera), ho affrontato il tema "maschere". Nella conclusione ho introdotto il concetto di "soluzione alle maschere" citando il buio.
Avendo quindi parlato di molteplici facce appartenenti ad ognuno di noi, ci terrei a precisare che, ovviamente, il concetto di "falsità" perde molto del suo significato.
Come posso giudicare Falsa una persona, se quest'ultima cambia atteggiamento, modo di fare di dire o di pensare? Ha solo cambiato maschera esattamente come facciamo noi in continuazione.
La "falsità" appartiene più ad un aggettivo dispregiativo usato da tante tante persone.
Non sarò ipocrita: anche io l'ho usato e anche io l'ho ricevuto.
In questo post parlerò di un Buio diverso: un Buio particolare.
Tutti noi assumiamo atteggiamenti diversi in base al contesto in cui ci troviamo: ma se ci trovassimo nella più totale tenebra? Immaginatevi in una sala completamente oscurata. Non né conoscete l'architettura e non avete idea di chi, come voi, la sta abitando.
Nessuno sa di nessun'altro ma tutti sapete di non sapere.
Chi siete dunque?
Non avete volti, non avete maschere e non avete passato né futuro; siete soli in compagnia.
Che ci sia un Re o che ci sia uno schiavo, che ci sia un bianco o un nero, che ci sia un saggio o la persona più superficiale del mondo, non fa differenza. Perché nessuno lo saprà mai e nessuno riuscirà mai a credervi.
Visto che non trarrò profitto dal recitare la parte di un altro me, non mi resta che essere me stesso.
Non verrò giudicato, non verrò beffeggiato e se questo dovesse succedere, nessuno seguirà il "bullo" visto che nessuno potrà sentirsi superiore a me.
Leoni e pecore riuniti in una sala buia. Leoni e pecore messi tutti allo stesso livello.
Leoni che diventano pecore, pecore che diventano Leoni.
Tutti completamente uguali, tutti completamente liberi.
Io non ho problemi se non ho identità, non ho passato e non ho futuro. Non ho paura, non ho dubbi e non ho di certo ripensamenti visto che uscito da lì, nessuno saprà che ero io a dire quelle cose. Io a provare quelle cose e io a raccontarle.
Potrò piangere, potrò ridere, potrò gridare.
Tutti potranno farlo e nessuno potrà dire niente.
Al giorno d'oggi non si è più liberi di fare niente: se piangi anche il più lontano dei tuoi amici verrà a chiederti cos'hai giusto per il gusto di sfamare la curiosità che lo mangia vivo.
Se gridi ti diranno di stare zitto.
Se odi ti scanseranno.
Se ami ti invidieranno.
Se parli ti giudicheranno.
Ciò porta a una condizione di estremo stress inconscio in cui una ruota continua a girare ininterrottamente: te giudichi me, io giudico lui, lui giudica te.
Inutile fingersi moralisti.
Anche Dio peccò.

giovedì 20 giugno 2013

Qualcosa di strano

L'uomo è attratto dall'ignoto.
Il problema è che ne è anche spaventato.
Il dubbio è il principale nemico della ragione poiché non è spiegabile, identificabile e soprattutto definibile.
L'essere umano ha bisogno di definizioni riguardo qualunque cosa: deve conoscere così da poter controllare. Se non può controllare, si sente minacciato.
Se si sente minacciato, ha paura.
Alcuni definiscono la religione come una spiegazione a domande prive di risposta, altri usano il Fato per giustificare varie situazioni. Altri ancora si affidano alla fisica o alla fortuna, e infine, meno numerosi, ci sono quelli che sanno di non poterlo sapere, e lo accettano.
La verità è dunque qualcosa di soggettivo che non va né criticata né tanto meno beffeggiata dal momento in cui la mia credenza vale esattamente quanto la tua.
Per quanto ne sappiamo noi, ora potremmo anche essere dentro un sogno quando il nostro vero Io è un corpo in coma in chissà quale pianeta.
Voi dimostratemi che è impossibile, e io mi inchinerò.
Perché sono così sicuro? Perché anche la scienza stessa reputa tutto possibile ergo non mi inginocchierò mai.
Sapete: alla tesi di maturità chiesi ai professori: "E se i sogni fossero reali?"
In quel momento rischiai l'anno scolastico ma poi una simpatica signora della commissione mi fece: "In che senso reali? I sogni sono frutto della nostra immaginazione"
Una volta ripreso colore a causa della paura dell'imminente bocciatura, continuai: "E chi glie lo conferma? Solo perché sono frutto della nostra mente, vuol dire che devono essere necessariamente finti?"
Dopo interminabili secondi dell'ennesimo silenzio da bocciatura, mi chiesero di spiegare.
Freud sosteneva che i sogni sono la via regale verso l'inconscio.
Quando mi addormento, entro in un mondo che all'apparenza non mi appartiene, in realtà è completamente dentro me. Ogni sorta di figura umana, animale, ogni oggetto, luogo e ogni vicenda, è ricollegabile a qualcosa della mia realtà di ogni giorno.
Diffidate dai libri che vi ubriacano con frasi tipo "Un muro vuol dire morte". Sono stronzate.
Ogni interpretazione è puramente soggettiva e, citando ancora Freud, a volte un sigaro è solo un sigaro.
Io all'esame, dopo una intro del genere, introdussi però ciò che tutt'ora sostengo.
Io sostengo il dubbio: possiamo dubitare di qualunque cosa, tranne che del dubbio stesso.
Quando mi abbandono alla vita onirica, entro a far parte di una nuova realtà che ci prende anche i sensi.
Delle volte in un sogno abbiamo paura, delle volte piangiamo, delle volte ci affezioniamo, delle volte addirittura ci svegliamo tristi perché vorremmo tornare in quell'ambiente.
Posso sognare me stesso che parlo inglese e cazzo, lo parlo bene!
Posso sognare me stesso leggero come una piuma libero sopra un'aquilone in cielo.
Posso sognare me stesso mentre dormo, mentre mangio, mentre grido, mentre interagisco con persone.
Ma se i sensi sono nel sogno con me, se io in quel momento VIVO quella realtà, se io quando poi mi sveglio lascio una parte di me e dei miei ricordi la dentro: con quale coraggio lo definisco falso?
I sogni sono reali, per quanto ne sappiamo, tanto quanto la realtà stessa.
Il fatto che non possiamo ricordali alla perfezione non fa che rafforzare questa idea.
Noi sogniamo ogni notte per tutta la durata del sonno, nonostante poi ci ricordiamo minime parti o niente.
Ora vi chiedo: e se fosse l'accesso a un'altra realtà?

martedì 18 giugno 2013

Primo appuntamento post # 2

Questo post è un proseguo del primo. (Primo appuntamento 1)
Ci troviamo in un ipotetico primo appuntamento e, a differenza del primo, oggi prenderemo le sembianze di un egocentrico vanitoso. 

Preparativi, la calma è la virtù dei forti: "Buongiorno mondo, oggi ti delizierò nuovamente con la mia benevola presenza! Diciamo che da ieri ad oggi son cambiate tante cose eh. Sono cresciuto, sono più maturo e ora che mi guardo allo specchio beh... wow! Sono più alto! Questo bicipite non finisce di crescere, sarà il caso di tenerlo d'occhio. Non vorrei diventare troppo bello anche per me stesso.
Dunque mi pare di ricordare che... Ah si, l'appuntamento con quella Mara. O forse era Rebecca. Vabè fa niente me lo ricorderò man mano che mi preparo.
La doccia l'ho fatta, i peli pubici son perfetti, le gambe... Dio santo appena torno a casa serve l'ennesima sfoltita! Le ascelle profumano come sempre e... Ma su basta. Figuriamoci se una come Maria si sofferma su queste cose. Forse era Claudia...
La maglia è a posto, la kefiah perfetta, scarpe ok pantaloni ok viso ovviamente ok. Si parte!
Tragitto verso il punto d'incontro: "Alito ok, mani profumate, capelli intoccabili. Era Giulia. No era Paola... Paola è quella di ieri che cretino. No ieri era Giulia quindi oggi è Clarissa.
Non ha importanza.
Oggi mi sento proprio in forma: credo che la porterò fuori a fare un giro al parco per poi invitarla a cena. Non ho molti soldi ma io non credo che sia un problema visto che uno come me, è un peccato lasciarselo sfuggire. Clarissa non è stupida e l'ha sicuramente capito... Pagherà lei. Si credo possa andare.
Forse Clarissa era quella della settimana scorsa però.
Uhm credo di essere un pò in ritardo ma com'è che si dice? Meglio tardi che mai! Ma poi farsi desiderare rende tutto molto più magico.
Dio come sono bello!
Sicuramente è Marica.
Dolce arrivo: "Ecco il bar di fronte il quale dobbiamo vederci. Forse è già dentro perché non mi sembra di vederla e io non sbaglio mai quando si tratta di messa a fuoco.
Gabriella! Ecco come si chiama! Si ne sono sicuro, anche se non del tutto...
Facciamo che non la chiamo eh.
Eccomi arrivato. Non c'è, sarà in ritardo anche lei. Eh è proprio la ragazza giusta per me: bella quasi come me, in ritardo quasi come me e alta quasi come me! Le manca quel tocco di classe che però non si acquisisce. Io che posso farci, sono nato così!
Credo iniziasse per C: Clarissa, Clarabella, Celeste, Chiara, Crescenzia.. Oddio se si chiama così la lascio. Clemenzia, Caterina, Clara... Ah ecco! Era Cunegonda! Ma esiste?
Ascesa della ragazza senza nome: "Forse è lei. Era anche ora cavolo, se mi avesse detto - Guarda ritardo quaranta minuti - di certo ci avrei pensato due volte prima di incontrarla.
Le bacio la mano e mi presento con un inchino o parto sportivo?
Aspetta: ha ritardato veramente tanto quindi direi di non fare completamente niente. Vediamo di mettere subito in chiaro che è l'uomo a comandare ed è la donna a doversi inchinare eh!
Concetta, Cleofe, Cronida, Cassiopea, Camelia, Carol, Cinzia.
Debutto: "E' carina. Mi aspettavo un saluto migliore ma non credo che capisca a pieno con chi ha a che fare. Carla, Carmela, Clarissa è proprio carina!
Credo se la tiri un pò ma è proprio una situazione interessante. La farò cadere ai miei piedi. La farò innamorare di me e non avrà scampo! Guarda che ciuffo da maschio!
E' ora di aprire le danze:

-"Ehi bella, sono Jason. Ti trovo in forma! Eheh"
-"Bella? Io ho un nome ma sicuramente non te lo ricordi. Comunque hai l'alito pesante, e ti suda tutta la fronte! Hai le scarpe orrende e i jeans fuori moda. Quella cos'è poi: una kefiah? Chi ti ha insegnato a metterla? Ehi bello, il tuo ciuffo è da femmina. Trovati un'altra ragazza da importunare, sei out. Io esco solo con chi è In."

Il talento di chi invecchia senza diventare adulto






Sono particolarmente incazzato a causa dei genitori della mia ragazza.
Se vogliamo parlare di un argomento al giorno d'oggi alquanto diffuso, possiamo prendere loro come esempio. Uno dei due in particolare.
Non mi soffermerò a fare esempi, non citerò date e non parlerò di niente in particolare.
"L'età è solo un numero" è una frase tipica di bambini o bambine che, alle prime esperienze di vita, vogliono sentirsi grandi. E' una frase dal mio punto di vista stupida visto che ci tengo ai valori e ai principi, ma non è questo il punto.
Secondo me, questo "detto" è da attribuire alle persone di mezza età e non agli adolescenti!
Un ragazzino non ha idea di cosa sia giusto o sbagliato, lo capisce col tempo. Ma quando compi quarant'anni, cinquant'anni e giù di li, mi spieghi che scusa usi per riuscire a non capire un cazzo?
Ora non aggrappatevi alla scusa del "non si finisce mai di imparare" perché regge quanto un castello di carte di fronte a un ventilatore acceso: uno impara quando presenta due doti.
-Elasticità mentale.
-Consapevolezza di avere un cervello e poterlo usare.
(La seconda è forse più rara della prima).
Vedo signori e signore che usano la data di nascita impressa nel documento per avvalersi del diritto di sapere, di conoscere e di aver già visto.
Vedo signori e signore che armati di presunzione sminuiscono giovani in qualunque cosa per non affrontare la paura di esser stati superati.
Vedo signori e signore che non capiscono un cazzo.
Che tu sia egiziano, portoricano, italiano, americano o della luna, la cosa non cambia! Se sei genitore prima o poi troverai tuo figlio a confronto con te.
E' un fenomeno normale, diffuso e GIUSTO.
I figli fanno le veci del padre o della madre, ne prendono esempio, ne traggono spunto e delle volte li superano delle volte no.
Io facevo pallavolo, mio figlio ora fa pallavolo e sembra che diventerà più bravo di com'ero io alla sua età.
A) Lo incolpo di ciò, lo umilio, gli faccio capire che non avrà futuro in questo sport e glie lo smetto di pagare.
B) Lo incoraggio perché se lui mi supera e vince dove non ho vinto io, mi rende fiero e mi fa sentire vincitore.
Beh ovviamente le persone che ho in testa ora sceglierebbero B!
Badate bene, se ci fosse una C peggiore, sceglierebbero C senza manco leggerla.
Il progresso non è solo un cazzo di carro che diventa automobile. Non è solo una palafitta che diventa casa galleggiante e non è di certo una memory card che passa da 32 mega a 1 giga.
Il progresso è MENTALE e a me sembra che più andiamo avanti più regrediamo.
La competizione ormai non è solo per il paese d'origine, nello sport o tra aziende concorrenti.
E' anche tra genitori e figli, tra vecchi che giocano a carte al parco e giovani che si divertono con un aquilone! La competizione ormai è tra le persone e il cervello che hanno dentro la testa e io sto notando che alcuni la prendono un pò troppo sul serio.
C'è gente dopata di stupidità che non accetta l'idea che il vecchio lascia posto al nuovo.
Ora non fraintendetemi: sono consapevole che ci sono eccezioni visto che mio padre è una di queste, sono consapevole che il passato va rispettato perché è la base del presente e sono consapevole che i giovani troppo spesso sbagliano.
Ciò che affermo e sottolineo è: SBAGLIARE è GIUSTO DELLE VOLTE.
Ora mi devo calmare che sono più incazzato di prima.
Alla prossima

Io sono la mia maschera




Abbiamo bisogno di sentirci bravi in qualcosa.
Abbiamo bisogno di sentirci migliori di qualcuno in qualcosa.
Essere ultimi fa male, essere ultimi è umiliante, essere ultimi non è accettabile.
Se qualcuno mi dirà che faccio schifo a disegnare, io risponderò che però sono bravo nello sport.
La cosa peggiore è quando queste cose vengono dette di fronte ad altre persone... In quel momento vorremmo spaccare tutto, cancellare la memoria di tutti quelli che hanno sentito quell'affermazione e, soprattutto, ci piacerebbe dimostrare il contrario di ciò di cui siamo stati accusati.
Il problema è che troppe volte, ci attaccano dicendo il vero.
E' così che preserviamo la nostra sanità mentale usando come scusa una maschera.
La maschera è qualcosa di coprente, che nasconde e tiene al sicuro qualcosa nel momento opportuno... Quel qualcosa è la nostra identità.
E' diventato troppo comune ormai, l'affermare che il nostro vero Io è un'altro rispetto a quello che si mostra in determinate occasioni.
E' diventato comodo. E' diventato un bisogno!
La tecnologia poi aiuta enormemente: parliamo di Facebook. Quanti leoni della tastiera esistono che poi dal vivo si rivelano veri e propri imbecilli?
Vedo persone superficiali scontate banali e fastidiose, diventare veri e propri geni una volta tornati alle chat. Danno consigli superlativi citando anche filosofi quasi dimenticati. Ti lasciano di stucco.
A questo punto viene da chiedersi una cosa semplice: se dal vivo è in un modo, e davanti al monitor in un altro, chi sarà il vero Lui?
Chiedetelo al diretto interessato e ovviamente affermerà di essere se stesso da casa. Dal vivo indossa una maschera perché la mentalità media oggi, alla sua età, offre solo persone stupide.
La verità è che sono tutte stronzate.
Partiamo dal presupposto che dietro un monitor tutti possono impersonare chiunque e nessuno ha il diritto di dire "ma" dato che fondamentalmente, se io affermo di essere un campione di nuoto che nel tempo libero fa l'astronauta, te non sei nessuno per obiettare visto che non mi conosci abbastanza.
Ma, escludendo questo presupposto, io oserei dire che una persona è ANCHE chi sembra.
L'abito non fa il monaco, ma se il monaco indossa quell'abito un motivo c'è.
Un individuo medio cerca sempre di dare un'idea di sé ispirandosi a qualche stereotipo: tutti ne abbiamo vari e ognuno varia a seconda del contesto in cui serve.
Quando mi specchio cerco di somigliare al mio attore o cantante preferito, quando esco di casa cerco di somigliare ai miei amici o provo a esser completamente diverso da loro giustificando ciò con "Sono me stesso". Quando mi trovo di fronte a un monitor mi levo la maglia ingozzandomi di nachos al formaggio, quando vado ad un colloquio di lavoro sono educato e composto eccetera eccetera.
Qual'è il vero Me? Quali sono maschere e qual'è il vero volto di questo corpo?
Con gli amici sono me stesso quando dico parolacce e suono ai campanelli per poi scappare.
Con una donna sono me stesso quando le regalo una rosa e le dico che l'amo.
L'abito fa anche il monaco così come il libro è anche la sua copertina.
Io penso che ci sia un solo modo per determinare d'avvero qual'è la maschera principale di una persona...
Badate bene: "Maschera principale" e non "Vero carattere".
Questo "modo" sarà l'argomento principale di uno dei prossimi post nel cui titolo sarà evidente la parola "Buio".

Ora se vi sentite irritati, infastiditi o esageratamente scettici... meglio. Vuol dire che ho ragione io.

lunedì 17 giugno 2013

L'acidità femminile




Ci tengo a premettere che non sono maschilista e non sono qua a criticare il genere femminile, visto che sono il primo a rispettarlo e, ovviamente, apprezzarlo.
Una cosa però va detta: perché noi uomini veniamo sempre etichettati come "i tonti"?
L'uomo matura più tardi, la donna è il futuro, senza la donna non si va avanti, i più grandi casini nella storia umana sono stati fatti da uomini eccetera eccetera eccetera.
Proviamo a vedere la cosa sotto un'altro punto di vista: e se l'uomo, durante il processo evolutivo, vedendo maturare la donna, avesse deciso di ritardare quel processo volutamente?
Conosco ragazze, la mia in particolare, in grado di arrabbiarsi per qualunque cosa.
Se prendono due kg, è colpa tua di quando hai offerto loro un gelato mesi prima.
Se il telecomando è rimasto sopra la tv e già si sono accomodate, è colpa tua perché dovevi prevedere che sarebbe stato meglio metterlo sul divano. Se lo han messo loro lì, è colpa tua che fai far sempre tutto a loro.
Se il vicino fa macello di domenica mattina è colpa tua che non gli dici niente.
Se hanno il ciclo è colpa tua che non capisci cosa provano.
Se sono in cinte è colpa tua che ce l'hai messe.
Se c'è un Se, è colpa tua perché non può essere altrimenti.
Ma, cosa più importante, SE PROVI A RIBATTERE. Quella è la fine. Quella è d'avvero la fine.
Mai ribattere una donna perché troverà sempre il modo di farti sentire un completo imbecille. Se quel modo non c'è, il motivo diventa: "E' così e basta".
Mediamente la ragazza cerca sempre il ragazzo più grande; in psicologia motivano ciò legandosi alla preservazione della specie. Io direi che è solo perché ha più pazienza e sa stare in silenzio mentre loro sbraitano senza motivo.
Attenzione: state andando in guerra con l'esercito Italiano, sarete in prima fila e il rischio di morte è altissimo. Avete a disposizione solo una telefonata perché il tempo stringe e non c'è modo di farvi salutare chiunque.
La chiamate.
-"Amore volevo farti un'ultimo saluto. Stiamo per agire.."
-"Pronto?? L'AUTOBUS NON PASSA! MALEDETTO IL GIORNO IN CUI MI HAI PORTATO IN QUESTA CITTA'! ME NE VOGLIO ANDARE!" Ecc ecc ecc..
Che essere adorabile.
Fin ora vi ho descritto il genere femminile nella quotidianità, ma non è tutto. Una settimana al mese quella "pace" viene interrotta da un macabro avvenimento: la venuta del ciclo mestruale.
La vostra Lei, non solo non finirà mai le batterie atte a trattarvi male. Ma sette giorni mensili modificherà anche il motore aggiungendo un turbo. Purtroppo legale.
Le parole in una frase raddoppieranno e si affineranno. Non avrà più bisogno di fiato per parlare perché una volta esaurite le risorse polmonari, basterà il movimento delle labbra per mandarvi quelle vibrazioni estremamente acide, che vi faranno capire cosa avete sbagliato.
Sarà un'errore amarle.
Sarà un'errore odiarle.
Sarà un'errore commettere errori.
Ricordate cari compari uomini: non chiedete mai spiegazioni. Non so se ne hanno o no, ciò che so, è che non capirete.
Ora devo andare... la mia ragazza ha il ciclo ed è estremamente acida. Poco fa si è arrabbiata con me perché l'autobus aveva lo specchietto rotto.
Se non dovessi fare altri post, sapete perché.
Buona fortuna popolo maschile!
Buona fortuna anche a me.

domenica 16 giugno 2013

Primo appuntamento post # 1







Quanto segue è un post.
Genio eh?
Questa volta affronterò il tema "primo appuntamento". Se avete notato nel titolo c'è il numero uno, al riguardo posso dirvi che questi saranno ben Tre post, riguardanti tre possibili modi in cui potrebbe svolgersi questo fantomatico "primo appuntamento".
Questa parte sarà recitata da un medio individuo insicuro. Nella seconda avremo un egocentrico e come ultimo, lo vedrete a tempo debito.


Preparativi, l'agitazione si fa sentire: "La ragazza mi piace parecchio ma io sicuramente non sono all'altezza. Lei merita di più. Se dovessimo paragonare questa situazione a un film adolescenziale americano, lei potrebbe somigliare alla Cheerleader cui vanno dietro i giocatori di football, quando io somiglierei al quattrocchi dalle lenti di quattro centimetri, col sorriso metallico a causa dell'apparecchio, e le lentiggini ovunque.
Basso, ovviamente.
Ma no dai, non sono così brutto. Non è la prima ragazza con cui esco e non devo sminuirmi così.
Andrò là, mostrerò il mio vero carattere e se le piaccio bene, se non le piaccio vuol dire che non è destino.
Faccio tardi se continuo a crogiolarmi nei dubbi e nelle paure: metto la camicia o una semplice t-shirt?
Questo può andare. Anche se su Zac Efron stavano meglio... Farò cilecca. Le dico che non vado dai, non posso. Sto male. Ed ecco il mal di testa, oddio svengo.
BASTA! Io sono S.! Io valgo! Io posso farcela! Camicia a quadri, jeans e Adidas. Fate largo donne!
Tragitto verso il punto d'incontro: "Ce la faccio, ce la faccio, ce la faccio. Forse era meglio la t-shirt, la camicia fa troppo football player. Oddio svengo ancora.
Facciamo così: le dico che mia mamma non mi ha dato la macchina perché le serviva a causa di un.. cazzo sto andando a piedi.
Le dico che faccio tardi perché non trovo le chiavi di casa e all'ultimo disdico tutto scusandomi. Lei capirà! Lei non può chiedermi di uscire senza chiavi. Lei... Sono ridicolo.
Svengo, ne sono sicuro.
Avvistamento. Lei è già li? "Oddio eccola. Si ne sono sicuro. Cavolo è bellissima. E' più bella di come credevo, oddio oddio oddio. Bene, disinvolto sicuro di te e mezzo sorriso. Zac Efron lo fa sempre: storge il lato destro della bocca così da assumere un'aria affascinante e misteriosa allo stesso tempo.
Mi cadrà ai piedi. Sarà mia, ne sono sicuro!
Messa a fuoco: "Okei non è lei. Se solo avesse sentito la metà degli aggettivi che le avevo attribuito scambiandola per questa vecchia seduta, non so se avrebbe pianto o riso.
Io ora la finisco di pensare, la finisco di farmi domande stupide e aspetto.
Se ha accettato un mio appuntamento un motivo ci sarà no?
Questa è la volta buona che svengo.
Ascesa: "Eccola! Si è lei! Controllati S. Zac lo fa. Zac si controlla ed è sicuro di sé. Calma e sangue freddo: vai lì, le porgi la mano e le dici - Ehi bella- occhiolino.
No così sviene lei. Vai lì, le dai due baci sulle guance e le sorridi con l'angolo destro della bocca. Nah, potrei esser sfacciato.
Facciamo che aspetto che sia lei a venire.
Scambio di idee: " Il saluto è andato bene. Devo attaccare bottone e rompere il ghiaccio, devo farle capire che starà bene con me e che sono quello giusto. Devo sbrigarmi! Cosa le chiedo cosa le chiedo cosa le chiedo!!

-"Ti piace Zac Efron?"
-"No, lo odio."
Svengo.

L'ipocrisia




Non vi dirò Buongiorno.
Non vi dirò Buonasera.
Io non so se oggi sarà una buona giornata e non sono tanto ipocrita dall'augurarlo a chi manco conosco, visto che sinceramente, non ne ho interesse.
Siamo una società fondata sull'ipocrisia. Sui falsi perbenisti e sui predicatori del bene pieni di scheletri nell'armadio.
Lo stesso "buongiorno" è falso.
A noi non interessa affatto della giornata altrui. Possiamo esser interessati a persone singole, a una stretta cerchia di individui cui vogliamo bene, ma non a tutti. E' per questo che quando auguriamo una buona giornata a qualcuno, siamo per lo più falsi.
Cortesia? La cortesia è ringraziare dopo aver ricevuto un piacere. E' il dare del Lei a un'estraneo. E' il far passare prima una persona quando si apre un portone.
La gente è abituata ad agire senza porsi domande: "buongiorno, come va? Bella giornata vero?" Quando in realtà non si è interessati minimamente allo stato d'animo dell'interlocutore. La giornata è bella ed è una cosa evidente, quindi non mi interessa un'ulteriore conferma.
I bambini sono più sinceri.
I bambini vado dritto al sodo: "Quel giocattolo è mio!" E non: "Salve signore, il mio nome è S. Vorrei solo farle notare che sta utilizzando un mio oggetto." E bla bla bla.
Si gira sempre intorno a frasi semplici. Si mettono sempre mille cortesie per pura immagine.
Noi vogliamo apparire educati, benpensanti, altruisti, composti.
Prendete una persona generosa, buona e sincera, ed osservatela mentre sta sola in casa.
Osservate come rutta dopo una cena piena di grassi, osservate come sbraita quando si accomoda nel divano e nota che il telecomando è ancora sopra la televisione, osservate come impreca quando sbatte il mignolo del piede nel comodino di legno.
Osservatelo mentre defeca. Mentre troppo pigro di prendere un fazzoletto, rimuove quella caccola troppo ingombrante, usando l'indice della mano destra.
Poi guardate come si ripulisce lavandosi i denti, i piedi. Guardate come si riveste di tutto punto e uscendo di casa, si arma del solito sorriso amichevole. Guardate come viene da voi, e chiedendovi come va, vi offre una stretta di mano. QUELLA mano.
La verità è che le persone sono un insieme di maschere. E' impossibile decretare quale sia quella originale, anche per noi stessi.
Siamo il prodotto di una società fondata sui giudizi, sulle impressioni, sulle etichette.
La cosa la vedi già dai primi anni di vita: quando la professoressa premia la secchiona anche quando non se lo merita, solo perché solitamente fa un compito migliore del tuo.
Quando io non studio mi prendo due, quando lei non studia può tornare la lezione successiva.
Non c'è parità di diritti? Non siamo nella stessa classe? Ma no. Lei è quella brava e io quello ignorante.
Lei è quella che merita, io quello che merita uno schiaffo. Ma poi, chissà come, lei è quella che a ventinove anni ancora vive coi genitori, io quello che a ventidue esce di mattina presto per andare al lavoro così da pagarmi le bollette di casa MIA.
Siamo una società malata.
Al diavolo tutto.

sabato 15 giugno 2013

Ebbene si. Il mio primo amore è appena finito

Io, decerebrato senza arte ne parte, ho appena visto la mia prima vera storia seria finire.
Non ho usato il verbo "vedere" a caso.
La mia ragazza è diventata un poco matta ultimamente e è cambiata radicalmente in ogni sfumatura, sfaccettatura e colorazione. Forse vi sembrerà un dipinto ora, ma vi assicuro che è una persona.
Sarà che è un'adolescente e quindi ribelle, ma io quando vivevo nell'era dei brufoli e delle punizioni genitoriali, ma non sono mai stato così lunatico!
Ora voi penserete "ognuno è fatto a modo suo, ognuno reagisce a modo suo". Eh lo so.. Lo so bene.
Ma serve forse un'età per capire che le persone hanno dei sentimenti?
Serve forse un'età per capire che bisogna lasciar vivere chi lascia vivere te?
Non sto qua a lamentarmi. Non ne vale la pena e non voglio annoiarvi...
Sto solo cercando di ammazzare il tempo visto che a detta sua, dovrei bruciare. Non sono bravo in queste cose visto che onestamente non sono mai arso vivo. Ma lei me l'ha augurato.. ah! Insieme ai miei cuori.
Poveri cuori.
L'adolescenza è un'età veramente particolare. Ci si sente invincibili, capaci di tutto, potenti e padroni del proprio destino, passato, presente e futuro.
Si è attratti dal male e dalle sue mille sfaccettature.
Io quando ero diciassettenne ero arrivato a cercare cose sulle preghiere Sataniste, fate voi.
Ora che ci penso sembro parlare da quarantenne pedofilo: ho vent'anni quasi ventuno e la mia ex Lei ne ha quasi diciotto.
Ma le donne non maturano prima? A me sembra che l'età sia solo un numero quando si parla di intelligenza.
Vedo adolescenti fare riflessioni strutturate grammaticalmente e lessicalmente alla perfezione, e vedo adulti ragionare da bambini e comportarsi come tali.
Sarò strano io.
La mia ex Lady insomma, è cambiata nei miei confronti come si cambia la scelta delle scarpe in un negozio Zalando.
Ora diciamocelo: io non sono un mostro di intelligenza, maturità e non sono di certo un saggio centennale che prevede il futuro basandomi su una forbita cultura riguardo ogni passato possibile.
Però sono in grado di capire chi è stufo di me.
Mettiamoci nei panni di una adolescente col ciclo, per giunta, che si ritrova un ragazzo ribelle indisposto a sottostare a ciò che dice. Anzi, ordina.
Okei, ora sono A. e odio tutti per colpa del mal di pancia che mi tormenta. Odio tutti perché la scuola fa schifo. Odio tutti perché i miei genitori non capiscono. Odio tutti perché vorrei andare a lavorare e guadagnare i soldi per vivere da sola e decidere per me.
Cosa penso? Che odio tutti credo...
Cosa voglio? Andarmene.
Cosa faccio? Mando tutti via così da... no io non sono in grado. Non la posso capire.
Lei poi è donna e le donne sono indecifrabili e imprevedibili.
C'è caso che tra due giorni mi richiama così come c'è caso che tra due giorni la trovo con un'altro.
Che amarezza...
Sarà meglio farsi un gelato via.

Questo non è un post e io non sto scrivendo.






Ma che titoli metto?
La verità è che davanti a me c'è l'immagine del Joker di "Il cavaliere oscuro" e volevo parlarvi di quanto io mi fumenti una volta finito un film dal significato assai profondo.
Il problema è che (vedi post delle 9.26) ancora non mi sono del tutto svegliato e quindi non credo sia una buona idea.
Studio Psicologia all'università ma tutto mi sento, tranne che un possibile psicologo. Io mi vedo più come paziente se devo esser sincero; il punto è che c'è un detto che recita "Lo psicologo è il primo dei pazienti".
Mi sto confondendo anche da solo a scriverlo...
Altra cosa che ho studiato, è che i "Diari segreti" sono il più grande controsenso che sia mai stato inventato da qualcuno.
Prendere un'agenda, un diario di scuola, un semplicissimo notebook o un qualunque altro libro dalle pagine bianche, e riempirlo coi nostri pensieri, racconti, commenti e via dicendo. Giorno dopo giorno quel porta-pensieri si riempie con la nostra vita, il nostro essere conoscendoci meglio di chiunque altro.
Gli racconto le mie più grandi paure, esterno le mie più profonde e proibite rabbie, narro i miei più assurdi sogni e progetti. Non ha importanza se lo impregno di errori ortografici come Quore o Cuadro. Tanto lui non mi giudica, non commenta, non mi da ipocriti consigli utili solo a farmi capire quanto io sia stato lontano dal fare la scelta giusta. Il mio amico diario, non mi pugnalerà alle spalle, non mi farà star male e non racconterà mai a nessuno cosa contiene.
Lui c'è e ci sarà sempre.
E' per questo che non ha età. Non è affatto vero che solo i bambini ne tengono uno. Non è affatto vero che è una cosa stupida o infantile. E' un secondo psicologo, è un amico e un alleato.
Ma, tornando al concetto iniziale, è anche un controsenso.
Il diario contiene per lo più le cose che non riusciamo a dire ai diretti interessati, le cose che non riusciamo o vogliamo esternare, bloccati solo ed esclusivamente dalla paura.
Sarebbe bello dire alla professoressa che è stata una infame a mettermi quel quattro, dato che il pomeriggio perso dietro ai libri non me lo ridarà nessuno!
Sarebbe bello dire a quel ragazzo di star lontano da quella ragazza, visto che ho una cotta per lei dalla prima media!
Sarebbe bello dire a mio padre di ridarmi il cellulare che mi ha preso per punirmi, dato che non capisce che è ormai l'unico mezzo di comunicazione col resto del mondo!
Sarebbero belle tante cose, ma la professoressa potrebbe togliermi il quattro e mettermi tre, quel ragazzo potrebbe picchiarmi e mio padre potrebbe rispondermi con un beato "affari tuoi, potevi pensarci prima" che riecheggerebbe nella mia testa per almeno 48 maledettissime ore.
Meglio scriverlo nel diario. Meglio evitare ogni rischio.
All'università ho studiato che inconsciamente, chi tende a mettere i propri pensieri su carta, lo fa perché spera che qualcuno li legga. Assurdo? No, sensato.
Se mio padre leggesse ciò che penso, magari riuscirebbe a capire meglio il mio bisogno così da restituirmi il cellulare senza farmi pesare una predica sul senso della vita.
Se la mia professoressa sapesse che realmente ho studiato, potrebbe darmi un'altra possibilità cancellando quel quattro tanto immeritato.
Potrei andar avanti all'infinito. Il succo è che dire le cose è difficile delle volte, scriverle e lasciare che chi di dovere le veda "casualmente", è maledettamente più facile.
Tutti noi abbiamo bisogno di aprirci qualche volta, tutti noi abbiamo bisogno di qualcuno che senza giudicare, ci stringa in un abbraccio complice e amorevole. Tutti noi sappiamo che di sola solitudine non si può vivere serenamente.
Se scriviamo è per esternare, se esterniamo è perché non vogliamo tenerlo dentro. Se non vogliamo tenerlo dentro, vuol dire che è importante. Se è importante, non può esser frainteso.
Siamo matti, arrendetevi.

Riflessioni di chi ha sonno, tanto sonno..







Oggi sono qua a mettere su "carta" ciò che penso, nonostante non creda di pensare cose tanto intelligenti a causa del sonno.
"Vai a dormire" direte voi, eppure non posso!
Sono le 9.26 di mattina e le mie palpebre si sono alzate almeno sessanta minuti fa a causa di un ronzio invadente e molto, molto fastidioso, di uno sciame di vespe intente a farsi la casetta nell'angolo della mia finestra. Già una volta ho dovuto dichiarar loro guerra armato di tubo con l'acqua e insetticida, ma questa volta sembrano più organizzate..
Le cose son due: o io sono in una fase sonnambula e quindi vedo cose che non ci sono, oppure quando poco fa ho aperto la serranda, l'esercito ha battuto in una momentanea ritirata.
Ciò ha permesso due cose:
-Ho potuto constatare che il sole è in grado di uccidermi la vista senza chiedermi il permesso.
-Ancora non so se ci sono d'avvero tante vespe o se questo ronzio è un'allucinazione uditiva dovuta a chi sta tra il regno dei vivi e il regno dei morti.
Non pensavo che le mie dita potessero essere così lente a scrivere, sarà il sonno.
Sapete come si dice? Quando si dorme ci si allena a morire. Non lo dico io eh..
Si muore in posizione orizzontale, si perde il contatto diretto con la realtà e ci si addentra in un mondo del tutto diverso in cui ogni cosa è possibile. I sogni sono affascinanti.. Ma dato che anche questo post potrebbe esserlo, così come le vespe che continuo a sentire, è meglio se ne parlo più in la.
Come avrete notato queste sono riflessioni e il nesso che le lega è ben poco solito.. Non ricordo manco come ho iniziato il discorso.
C'è appena stato un piccolo botto fuori dalla serranda: forse due vespe si sono scontrate rovinandomi il pavimento e rovinandosi le teste.
Una parte di me continua a ripetermi di andare al piano di sotto a far colazione. Una bella mangiata mattutina così da restituirmi lucidità mentale e magari, concludere questo post in modo dignitoso visto che ho scordato anche la seconda parte di ciò che ho blaterato.
Un'altra parte di me sta notando che l'occhio destro ci vede un pò più appannato di quello sinistro, ma se lo sto scrivendo, non posso strofinarlo facendo risplendere la mia vista nuovamente.
L'ultima parte di me pensa solo "zzzzzzzz" e non so se è riferito al dormire o al ronzio.
Ieri sera ho litigato con la mia ragazza. Odio discutere. Soprattutto con lei.
Forse dovrei chiamarla e dirle di chiarire: il problema è che sta dormendo e avrebbe anche più sonno di me.
Può una coppia assonnata, uno circondato dai ronzii, l'altra ancora orizzontale, chiarire i motivi che li hanno spinti a litigare dodici ore prima? Forse si.. Ma solo spinti dalla voglia di tornare a dormire.
Dormire.. Magari lei. Le vespe credo siano aumentate.
Le parti che combattono dentro di me sono tre e io ne ho scelta una: la seguirò. Ho deciso di farlo. Forse poi starò meglio, forse poi potrò tornare a vedere il mondo come realmente è, forse poi, tornerò lo sballato di sempre.
Ebbene si: mi strofinerò l'occhio.
Poi credo che aprirò la serranda un'altra volta così da constatare se il ronzio è reale o attribuibile a un'illusione acustica.
(Ho aperto google per mettere un gran finale usando una qualche definizione dell'allucinazione uditiva super intelligente. Ma non l'ho capita manco io..Sarà il sonno. Mi piace pensarla così.)
E' ora di andare. Non vorrei perdere l'occhio.
Buongiorno a tutti voi!

venerdì 14 giugno 2013

E' inutile cercare risposte, non ne avremo mai.




 Siamo in grado di utilizzare solo una misera percentuale del nostro cervello.
Sparse nel mondo ci sono mentalità di ogni genere, ci sono nazionalità con usanze assai particolari e ancora, ci sono persone che la pensano in un modo e persone che la pensano in tutt'altro modo.
Culture, religioni, tradizioni. Variano tutte a seconda della storia celata dietro il luogo in cui ci si trova...
Ma c'è qualcosa che accomuna, oltre alle ovvie sembianze umane, persone apparentemente completamente diverse? Ebbene si.
Chiamasi Linguaggio del Corpo.
Non sto parlando di un linguaggio alieno: ma del 70% del nostro modo di comunicare.
A me non serve sapere chi sei, cosa fai o perché lo fai: io capirò solo guardandoti se sei irrequieto, spaventato, sorpreso o felice, nonostante ci troviamo ai lati opposti della terra. Sbaglio?
Siamo in grado di riconoscerlo per quale motivo?
Semplice.
Perché anche noi reagiamo allo stesso modo.
Ma come mai persone tanto diverse, hanno così tanto in comune?
E' ovvio che non parte dai piedi tale "fenomeno" ma dal cervello.
E' ovvio che è una domanda palesemente irrisolta quindi da attribuire a quel 90% circa non utilizzato né conosciuto.
Ma se per ipotesi potessimo utilizzare il 100% della nostra testa, chi mi dice che rimarrei diverso da un indigeno? E se di base fossimo tutti completamente identici? Capaci delle stesse cose, intellettualmente sviluppati allo stesso identico modo e magari anche collegati tra noi.
La diversità in cosa consiste? Nell'avere qualcosa che qualcun'altro non ha e viceversa.
Mettiamo a confronto un Serial Killer e un Cittadino qualunque.
L'uomo è un animale e come tale ha un istinto di sopravvivenza, questo istinto non sopraggiunge solo in caso di vita o di morte, ma anche in caso di difficoltà generale.
NESSUNO di noi sa come reagirebbe in situazioni veramente critiche, qualunque esse siano, e nessuno sa ipotizzarlo. (Ovviamente salvo gli sciagurati che vi si son trovati).
Un Killer e un Cittadino cosa hanno di diverso? Son due umani/animali, son due persone pensanti e parlanti e son entrambe in grado di sviluppare un discorso di senso compiuto.
Il killer una volta era un cittadino normale o no? E se gli si fosse semplicemente sviluppata una parte in più nel cervello? Quella minima percentuale dal lato Animale del suo essere.
A chiunque capita di vivere una situazione di estrema tensione prima o poi: alcuni reagiscono in un modo, altri nel modo opposto. Colpa nostra? Forse.
Ma forse se fossimo al 100% delle nostre capacità mentali, saremmo in grado di commettere crimini esattamente allo stesso modo in cui facciamo del bene. Forse l'unica cosa che ci differenzia, è un'accessibilità diversa alle possibilità cerebrali.
Forse siamo tutti stupidi e geni allo stesso modo.
Chi può saperlo?
Di certo non io. Io sono solo un ragazzo pieno di domande, probabilmente anche stupide, che ama però condividere ciò che pensa..
Detto questo, vi lascio in pace sperando di non avervi sconvolto con questa minuta riflessione.